Gli Investigatori

  • Alexander Blake, ventisei anni, investigatore privato riservato e riflessivo.
  • Ellen Lawliet, ventiquattro anni, studentessa della Miskatonic University con un difficile passato.
  • Janet Holmes, venticinque anni, archeologa forte e determinata.
  • Lilyan Aidil, vent'anni, affascinante e sensibile attrice di teatro.
  • Monsignor Giraud des Chateaubrien, l'autorevole e risoluto arcivescovo cattolico di Arkham.

mercoledì 9 dicembre 2009

Tratto da “Cthulhu nel Necronomicon”, di L. Shrewsbury, antropologo statunitense (1913)

“(…)La mia idea, dopo oltre trent’anni di ricerca in giro per il Mondo, è che molti dei miti, delle credenze, dei misteri della Storia umana, non siano altro che componenti periferici e del tutto trascurabili di un mistero ben più grande e importante. Nel 1883, mi trovavo in Cina su invito di un mio caro collega tedesco, il professor Zukberg, per studiare alcune statue votive ritrovate nel Gobi.

Statue, diceva la missiva, aventi “caratteristiche talmente particolari-cito la lettera del mio buon amico- da inquietare anche il più scettico e prevenuto dei nostri colleghi”. Nonostante le difficili condizioni di vita, sperduti in mezzo al deserto e costretti a dormire in un accampamento di nativi per circa quaranta giorni, l’eccitazione prese il sopravvento sulla mia razionalità e calma naturale. Nessuna cultura documentata ha mai prodotto espressioni artistiche di carattere religioso di quel tipo. Ad esempio, la totale assenza di antropomorfismo era indice di una straordinaria anomalia, data l’età a cui risalivano le strane statue, circa la metà del secondo millennio Avanti Cristo. Le statue ritraevano una massa informe, enorme, dai particolari orribili e inquietanti, l’assoluta estraneità a qualsiasi forma conosciuta sul nostro Pianeta. Estraneità tanto grande da non poter essere classificata in alcun modo. Qualche anno dopo, nel 1892, mi recai ad un semplice matrimonio nei pressi di Every, nello Stato di New York; nella calura del pomeriggio, in una delle tante pause dell’interminabile pranzo, andai a fare una passeggiata nel locale museo di Storia Americana, ove era ospitata una vasta mostra sulle tribù di Nativi. Mi imbattei allora in uno strano oggetto votivo, simile a quello che i miei occhi avevano potuto apprezzare nel Gobi. Tutte le sue caratteristiche rimandavano ad esso. I pochi dubbi che avevo vennero colmati quando mi feci spedire una fotografia del reperto dall’Archivio Storico Federale a Washington, dal Settore della Costa Orientale. La storia del reperto fu ciò che mi colpì di più; a differenza di molti altri miti indigeni dimenticati con l’affermazione del cristianesimo nei territori Americani, quella statua venne più volte venerata da alcune comunità utopiste della Valle dell’Hudson, nonostante le ripetute minacce di rappresaglie da parte delle autorità religiose, che sfociarono, nel 1665, in un eclatante processo a Philadelphia, le cui sentenze finali sono però introvabili. Ciò che si sa è che più volte le comunità della sponda orientale dell’Hudson furono sospettate d’essere covi di streghe, e messe sotto inchiesta, proprio nell’area di diffusione della tribù indiana cui apparteneva la misteriosa statua, con modalità simili a quelle di altre città “maledette” come Salem e Arkham. Andando più in profondità, non potei fare a meno di non ricordare altre leggende legate alle tribù che studiai anni prima nel Gobi, i Mowglaj-Bak del Nord, probabilmente in contatto con la tribù cui apparteneva l’idolo cinese-mongolo che il mio buon amico Sukberg mi mostrò anni prima. Tali leggende parlavano di atroci sofferenze inflitte a sette affiliate, con torture e terribili esecuzioni, che ebbero seguito sino ai primi anni del dominio di Gengis-Khan, continuando una tradizione di sangue di circa cinquecento anni. Contattai Sukberg, chiedendogli più informazioni; le persecuzioni non erano molto frequenti fra i Mongoli, anche a causa del carattere “associativo” della fede che non rendeva possibile una contrapposizione in quei termini. Fondai allora una mia personale teoria, collegando queste due realtà storiche così diverse e lontane geograficamente, e mi ritrovai con due possibili manifestazioni di un culto del tutto sconosciuto, esistente in forme simili-per quanto c’era dato sapere-in due parti del Mondo lontane, appartenenti oltretutto a culture basate su Panteon di divinità, ma di sicuro non intelligibili; per di più manifestazioni religiose perseguitate dalle autorità tradizionali. Se è vero che queste persecuzioni sono spiegabili, per quel che riguarda il ‘600 americano, con l’azione della Chiesa di Sua Maestà, queste repressioni sono del tutto inspiegabili per quel che riguarda l’epoca dei Signori del Gobi. Non si trova alcun tipo di testimonianza di organizzazione religiosa che faccia pensare ad un tipo di fenomeno di questo tipo. E questo rappresentava un mistero. Ma più grande ancora fu la straordinaria vicinanza delle due raffigurazioni. Ora, qualcuno obietterà che uno dei principi-base dell’antropologia moderna è, senza dubbio, l’esistenza di topoi culturali assoluti che caratterizzino l’essenza di culture diverse. Ma nessuna teoria di questo tipo può dare una spiegazione logica alle forme aliene che riconobbi in quelle due diverse esperienze. È il caso di dire che l’elemento “alieno” ad un impianto culturale qualsiasi, in parte conferma la suddetta regola dell’antropologia, dall’altro, inevitabilmente, fonda nuovi, inquietanti dubbi. Esiste una “super-cultura” di cui ancora non ci rendiamo conto? Le scienze, le arti, le vaste conoscenze dell’uomo finito, sono davvero arrivate al punto di massima espansione? (...)".

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